Ogni 6 ore muore un motociclista italiano, ma interessa solo ai parenti delle vittime e alle assicurazioni

Ogni 6 ore muore un motociclista italiano, ma interessa solo ai parenti delle vittime e alle assicurazioni

Italia maglia nera d’Europa. Una strage che andrebbe fermata, ma non c’è consapevolezza del rischio Proprio così, gli utenti delle due ruote italiani non si rendono conto di quale reale rischio possa comportare l’uso irresponsabile della moto. Attenzione però: non stiamo parlando delle solite manovre sconsiderate e pericolose. A rendere la passione per la moto […]

26 Novembre 2010 - 00:00

Italia maglia nera d’Europa. Una strage che andrebbe fermata, ma non c’è consapevolezza del rischio

Proprio così, gli utenti delle due ruote italiani non si rendono conto di quale reale rischio possa comportare l’uso irresponsabile della moto. Attenzione però: non stiamo parlando delle solite manovre sconsiderate e pericolose. A rendere la passione per la moto un possibile rischio per la vita può essere anche la sola inesperienza o il viaggiare senza indossare alcun tipo di protezione. La guida difensiva
, unica vera “arma” dei motociclisti, pare essere sconosciuta. Gli automobilisti non si accorgono delle motociclette e le urtano o tagliano loro la strada con troppa facilità. Se a questo aggiungiamo che i dati sugli incidenti interessano solo a chi è “sopravissuto” o a genitori apprensivi ma immobili.. il quadro è completo. In questo modo però l’informazione diventa inutile.more Bisognerebbe tentare –invece – di dare chiare indicazioni su come comportarsi per ogni problema riscontrato. È una faticaccia, ma serve a sensibilizzare e responsabilizzare il motociclista più di quanto non faccia l’elencare una serie di dati allarmanti. Lo sappiamo bene che normalmente, quando si parla di morti, il pensiero tipico è “tanto capita solo agli altri”. Peccato che ognuno di quei motociclisti che muore ogni 6 ore sia “gli altri”. E potremmo essere noi o voi, anche “solo” per distrazione altrui.

  • I dati


“Con 1.380 morti sulle due ruote, l’Italia si colloca al primo posto nell’Europa a 14 per numero di vittime e, andando ad analizzare tutti i dati della categoria, ci rendiamo conto che il nostro Paese indossa la “maglia nera” continentale in quanto a sicurezza stradale per i centauri. Una situazione che non possiamo più ignorare e alla quale dobbiamo porre immediatamente rimedio”

Queste sono le parole del presidente di Fondazione ANIA per la sicurezza stradale all’apertura della Fiera del Ciclo e Motociclo di Milano all’inizio di novembre 2010. I dati si riferiscono al periodo 2005-2008 e comprendono altre informazioni. Per esempio, il 90% dei morti erano uomini e la fascia di età più colpita è tra i 30 e i 45 anni. Oltre il 50% delle vittime si trovava in area urbana, in città, proprio dove si pensa che indossare protezioni sia inutile (e proprio dove servirebbe di più).


Dallo studio emerge che il nostro Paese detiene il primato per numero di morti su moto e motorini. I 1.380 centauri morti nel 2008 rappresentano, infatti, il 29,2% dei 4.731 decessi avvenuti nello stesso anno sulle strade italiane, contro una media europea del 22,2%. Il 54% delle vittime si è registrato sulle strade urbane e la quasi totalità dei morti erano uomini: su 1.380 vittime ben 1.257 (circa il 90%) erano maschi. La fascia di età più colpita è stata quella tra i 30 e i 44 anni, con 461 vittime (33,4% del totale), seguita da quella tra i 25 e i 29, dove si sono registrati 194 morti pari al 14% del totale.

L’unico dato positivo arriva dal rapporto tra il numero di morti e il parco veicolare circolante. L’Italia ha il primato del maggior numero di mezzi a due ruote in circolazione (circa 9 milioni) e l’indice di mortalità è di 15 vittime ogni 100mila veicoli a fronte di una media europea di 19,5. Insomma: siamo talmente tanti che le perdite in percentuale hanno un “impatto” minore, magra consolazione.

Dal 2005 la mortalità per incidenti con le auto è calata del 23,5%, mentre quella sulle due ruote è scesa solo dell’8,3%.

“[…] Si deve lavorare sulla formazione dei conducenti, su quella degli altri utenti della strada e dei conducenti delle altre tipologie di veicoli. Oltre a questo è indispensabile convincere le persone ad utilizzare in modo corretto il casco e ad indossare l’abbigliamento adeguato, ma anche lavorare nel miglioramento delle strade e delle infrastrutture tenendo in considerazione le necessità specifiche dei mezzi a due ruote”  – afferma Sandro Salvati

  • L’esempio tedesco


In altri Paesi l’attenzione per l’abbigliamento protettivo e per la manutenzione stradale è migliore rispetto che da noi. Perché? I motivi possono essere tanto semplici quanto banali. Pensiamo solo al clima tedesco. Non è solo questione di educazione se non proprio i motociclisti italiani non ne vogliono sapere di proteggersi. Però – francamente – non possiamo nemmeno usare la questione “caldo” come un alibi.

La manutenzione e (quindi) la condizione delle strade Italiane è penosa. Lo aveva ammesso persino Giuseppe Reina (sottosegretario al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) intervistato da noi a EICMA
durante la presentazione del rapporto DEKRA. Pochi giorni dopo si è dimesso… (no comment, ndr).

Insomma, pare che in Italia non si riesca a concludere niente per quanto riguarda l’intervento dello Stato. Di questo passo temiamo che quando saranno disponibili i guardrail omologati e certificati per i motociclisti, noi italiani dovremo ancora iniziare a tappare le voragini disseminate ovunque sulle strade.

Attenzione però: questo non è un buon motivo per evitare di proteggersi, anzi è una ragione per iniziare a pensarci (se ancora non l’hai fatto). Morire per fare un dispetto allo stato (o per questioni di principio) è poco redditizio in termini di soddisfazione personale.

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