Il Chattering: quelle strane vibrazioni che fanno paura

Il Chattering: quelle strane vibrazioni che fanno paura

Spesso si sente parlare di chattering nelle innterviste ai piloti. Cos’è in effetti il chattering, da cosa è determinato e cosa comporta nella guida di una moto? Deriva dal termine anglosassone chatter, che letteralmente significa vocìo, rumore di fondo. Nel caso specifico, quando sentiamo parlare di chattering nel mondo delle moto ci si riferisce ad […]

11 Febbraio 2011 - 00:00

Spesso si sente parlare di chattering nelle innterviste ai piloti. Cos’è in effetti il chattering, da cosa è determinato e cosa comporta nella guida di una moto?

Deriva dal termine anglosassone chatter, che letteralmente significa vocìo, rumore di fondo. Nel caso specifico, quando sentiamo parlare di chattering nel mondo delle moto ci si riferisce ad una vibrazione, un saltellamento anomalo che mette in crisi la tenuta di strada, mettendo in seria difficoltà il pilota alla guida.

Termine ormai noto alla stragrande maggioranza degli appassionati, ha iniziato a fare la sua comparsa intorno alla metà degli anni 90, in concomitanza dell’enorme sviluppo che in quegli anni ebbero sia le gomme che le sospensioni nei Gran Premi.

Oggi può capitare di avere a che fare con questo fenomeno anche al semplice smanettone che si diletta a girare, a discreti livelli, in pista nei fine settimana
; questo se da un lato mostra come ormai le sportive di serie siano molto vicine alle moto da Gp, nei pregi e nei difetti, dall’altro porta anche il semplice appassionato ad avere un discreto bagaglio di conoscenze tecniche per cercar di far fronte ad eventuali limiti del proprio mezzo.

  • In che modo si manifesta ?

Cominciamo subito con il dire che non stiamo parlando di un fenomeno frequente sulle moto di serie, anzi è cosa assai rara, a differenza delle Gp, ma nel momento in cui ci si accinge a modificare la moto per scendere in pista, e cominciando a girare su ritmi notevoli, può capitare che tale anomalia nel comportamento dinamico possa venir fuori.

Esso si manifesta, come già accennato, sotto forma di un saltellamento a forte frequenza, che dalle sospensioni si propaga, come un onda, a tutta la moto, mettendo in crisi la tenuta di strada nelle pieghe e portando la moto ad allargare dalla traiettoria ideale. Quanto può essere penalizzante nella guida al limite ne abbiamo prova molte volte nell’ascoltare le interviste ai piloti nel dopogara, dopo averli visti in non facili condizioni cercare di guidare una moto che proprio non ne voleva sapere di seguire traiettorie pulite, e sobbalzando in inserimento come se si stesse correndo in presenza di buche, o asfalto ondulato.

E’ stato ed è attualmente uno dei più grossi problemi che tecnici delle sospensioni e telaisti si trovano ad affrontare, in quanto complesse e molteplici sono le varabili che possono influenzare il fenomeno e vari i punti dove poi dover intervenire, dalla rigidezza del telaio, alle gomme, alla distribuzione dei pesi, al modo di intervento delle sospensioni, tutte variabili che occorre analizzare con molto scrupolo e che spesso possono pregiudicare il risultato di una gara o di un’intera stagione.

  • Quando si manifesta
    E’ questo il grosso problema da affrontare quando si è in presenza di chattering, più che cercare di individuare l’intensità dell’impulso che porta il sistema moto in risonanza, capire quello che può essere il componente che amplifica il fenomeno.Abbiamo detto che le cause che possono determinare l’effetto chattering possono essere molteplici.

     
    In figura vediamo come due onde si annullano se in opposizione di fase, si amplificano se invece in fase tra loro.

    Nelle frenate al limite, la forcella, arrivando a fondocorsa, non svolge più la sua funzione ammortizzante nel momento in cui si è in presenza di piccole malformazioni dell’asfalto, il compito quindi di smorzare queste sollecitazioni viene demandato per intero alle gomme, le quali, non essendo in grado, strutturalmente, di svolgere in modo efficace la funzione di ammortizzare, trasferiscono per intero le vibrazioni al telaio; con le stesse modalità, ma questa volta alla ruota posteriore, il fenomeno può comparire in accelerazione, con il monoammortizzatore a finecorsa.

    Nei curvoni veloci, dove entrambe le sospensioni, se non settate al meglio, possono indurre la moto al saltellamento, andando completamente in crisi a causa dell’enorme forza centrifuga che schiaccia letteralmente la moto verso l’asfalto, impedendo così al pilota di seguire la linea più efficace ed alla miglior velocità possibile.

    La stessa deformazione del pneumatico, può determinare vibrazioni sgradite. Infatti la gomma (anteriore o posteriore) quando in contatto con l’asfalto, si deforma, garantendo così un’adeguata area d’appoggio, ma nel momento in cui la porzione di gomma che si è deformata, “lascia” l’asfalto, essa ritorna come un vero e proprio elastico in posizione originaria. Questi cicli che, ovviamente, dipendono dalla velocità di rotazione della ruota, possono innescare delle fastidiose vibrazioni, e contribuire ad amplificare l’elemento chattering.

    • Possibili interventi

    Questo genere di problemi insiti nella dinamica delle moto, non sono di facile soluzione, anzi spesso implicano la totale rivisitazione del reparto sospensioni, se non del telaio stesso.

    Si è detto come il reparto sospensioni telaio, può essere immaginato come delle molle collegate tra loro, il malfunzionamento di una delle molle può provocare reazioni sgradite. Ecco allora che una prima componente da analizzare siano proprio le sospensioni. E’ la che i tecnici intervengono per prima cosa, cercando di migliorarne l’effetto ammortizzante, si interviene sulle molle o sull’idraulica in maniera drastica, anche variando la massa dei componenti della sospensione, poiché l’intensità di un impulso dipende anche dalla massa dei componenti in esame. In questo caso si deve più che altro fare riferimento alle masse non sospese della moto che, ricordiamo sono rappresentate dalla ruota completa, più un terzo, circa, della lunghezza della forcella o del forcellone.

    Un compito ben più gravoso si presenta, qualora si debba intervenire sul telaio. In questo caso si può intervenire o sulle quote, in modo da contenere i bruschi trasferimenti di carico, andando sempre meno a gravare sulle sospensioni, oppure se ne modifica la rigidità. Infatti un telaio non è mai un elemento rigido, anche sulle potentissime MotoGp, ma presenta una seppur minima elasticità, per meglio assorbire le reazione dalle sospensioni, esso si comporta come una sospensione supplementare. Quindi si interviene modificandone la rigidezza cercando di smorzare il più possibile le frequenze che possono in un qual modo “disturbare” la stabilità del veicolo, si modificano quelle che sono le frequenze proprie di oscillazione del telaio andando ad aggiungere, o togliere del materiale.

    A questo proposito, si ricorda, agli albori della MotoGp, come la Yamaha sulla sua M1, abbia inserito, anche in gara, dei sensori lineari in corrispondenza delle travi del telaio. Questi sensori registravano le flessioni del telaio, ma anche l’intensità delle vibrazioni, riportando dei valori che aiutavano e, non poco, i tecnici qualora fosse apparso evidente il chattering. In questo modo poteva essere più facile cercare di eliminare, o quanto meno attenuare il fenomeno, anche durante le prove di un gran premio.

    Andando per un momento in campo auto, in particolare in Formula 1, ricordiamo come anni fa la Renault, abbia introdotto sulle sue monoposto, il cosidetto “mass dampers”: esso consisteva di un sistema molla-massa, inserito all’interno del telaio, che oscillando smorzava le vibrazioni che insorgevano, nel momento in cui, ad esempio, l’auto saltava sui cordoli, provocando un rimbalzo della sospensione, e quindi delle ruote, non garantendo il rigore nel seguire la traiettoria impostata. Il sistema, poi vietato dal regolamento della F1, agiva in opposizione di fase rispetto alla sospensione, garantendo una netta diminuzione del rimbalzo (rebound) con le ruote ben aderenti alla pista.

     

     

    In ultimo ricordiamo il notevole contributo delle gomme. Infatti è proprio con l’evoluzione di queste ultime che il chattering si è presentato sempre più spesso come una costante fissa da tenere in considerazione. L’incremento di aderenza, dovuto a migliori mescole, e carcasse sempre più efficaci, ha portato i piloti a forzare sempre più nelle staccate o nelle velocità di percorrenza delle curve, mettendo, in un primo momento, sempre più in crisi le sospensioni. Ecco perché molte volte sentiamo parlare i piloti che lamentano la comparsa del chattering qualora viene introdotta un tipo di gomma piuttosto che un’altra, soprattutto a livello di carcassa; infatti è dalla rigidezza che dipende la capacità di una gomma di assorbire, o se vogliamo, limitare le vibrazioni indotte dal manto d’asfalto o dalla deformazione dovuto al loro schiacciamento a terra.

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