Abbigliamento tecnico, la grande beffa

Abbigliamento tecnico, la grande beffa

La quasi totalità dell’abbigliamento tecnico per motociclisti che si trova in vendita nei negozi non è ufficialmente omologato come “protettore”, ma questa realtà è da sempre ben occultata sotto grandi Marchi, piccoli trucchi e prezzi gonfiati. Iniziamo a fare chiarezza Si tratta di una vera è propria anomalia del mercato. Quasi tutti gli utenti delle […]

23 Marzo 2010 - 00:00

La quasi totalità dell’abbigliamento tecnico per motociclisti che si trova in vendita nei negozi non è ufficialmente omologato come “protettore”, ma questa realtà è da sempre ben occultata sotto grandi Marchi, piccoli trucchi e prezzi gonfiati.

  • Iniziamo a fare chiarezza

Si tratta di una vera è propria anomalia del mercato. Quasi tutti gli utenti delle due ruote, tra cui molti esperti, credono che per vestire in modo corretto basti affidarsi a grandi marchi del settore. I prezzi e i materiali tecnici giustificherebbero la sicurezza degli indumenti, ma la verità è ben diversa.

Per essere considerato un vero e proprio “Protettore” un capo d’abbigliamento specifico per motociclisti deve essere omologato nella sua interezza secondo la specifica norma europea che disciplina i livelli di resistenza agli urti, abrasioni, strappi, etc. Questa “certificazione” è verificabile solo controllando la documentazione fornita con l’articolo che s’intende acquistare. Qui le informazioni sulle etichette , di seguito la spiegazione del problema.

  • Non si salvano nemmeno i famosissimi

Persino le tute “replica” da pista delle più famigerate marche che sponsorizzano i nostri beniamini di MotoGP non sono esenti da questo problema. Si, è vero, sono zeppe di etichette con la scritta “CE”, ma proprio qui sta il barbatrucco. L’unico indumento motociclistico omologato in ogni sua parte con una sola etichetta è il casco (anche se ci sono differenze tra “uso pista” o “tempo libero”). Questo perché la parte dedicata alla protezione consiste in praticamente tutto l’oggetto, visiera compresa.

In tutti gli altri casi, pantaloni, tute, giacche, stivali, guanti, etc. viene comunemente utilizzato un “trucco” che però è legale, ahinoi.

  • La legge non ci viene in aiuto

La normativa sulla vendita di questo tipo di attrezzature tecniche per l’uso “non professionale” non obbliga i Produttori a omologare tutto il capo di abbigliamento, ma solo le singole protezioni. Le etichette di omologazione che trovate all’interno delle giacche, per esempio, normalmente si riferiscono ai soli inserti di protezione (ginocchia, spalle, gomiti, etc.), ma non all’indumento nella sua interezza.

La beffa sta proprio nel fatto che è quindi quantomeno difficile rendersi conto se si sta acquistando (per es.) una giacca omologata come “protettore” o un semplice capo di abbigliamento “accessoriato” di protezioni e visibilmente griffato da marche famose.

  • Le differenze principali tra un capo omologato o meno

Nelle attrezzature per uso “non professionale” i test di sicurezza vengono effettuati solamente sui singoli inserti atti a proteggere le articolazioni che sono spesso condivisi tra più modelli o addirittura marche di abbigliamento. L’indumento nella sua interezza non viene nemmeno preso in considerazione.

L’abbigliamento omologato per l’uso professionale è l’unico effettivamente considerabile un DPI (Dispositivo di Protezione Individuale), tutti gli altri sono semplicemente indumenti dotati di protezioni (magari nemmeno tutte). Chi usa la moto in modo specialistico, come i piloti, è obbligato a utilizzare attrezzature completamente omologate come DPI. Tutti gli altri, invece, avrebbero la libertà di scegliere tra le due possibilità (se solo non fosse così maledettamente complicato).

Non esistono indumenti a metà tra l’omologato o meno.
Il fatto che un articolo possa apparire solidissimo alla vista, anche di un esperto, non può essere garanzia universale di resistenza e sicurezza appurata dopo specifici test. Nessuno di noi dovrebbe mai sognarsi di raccomandare un capo per “sicurissimo” senza aver prima valutato l’etichetta che lo certifica.

  • Quali sono i rischi?

Il rischio principale è che l’indumento vada immediatamente in pezzi in caso di caduta. Si, certo, le protezioni omologate presenti all’interno resisteranno, ma che funzione possono avere se l’abito si strappa troppo facilmente? I soli inserti rischiano di staccarsi senza poter così assolvere la funzione per cui sono stati progettati.

Un altro rischio importante per la nostra salute è rappresentato dal possibile uso di sostanze nocive durante la lavorazione dei capi. C’è il rischio che i materiali usati per questi indumenti siano stati trattati con colori al piombo, oppure con cromo esavalente, o ancora le cerniere lampo possono essere ricoperte da nickel, sostanza a cui il 10-15% della popolazione mondiale è allergica. I cursori delle cerniere rivestiti con nickel si riconoscono perché sembrano fatte di metallo lucido.

Se dopo aver sudato nella vostra tuta o giacca da moto vi accorgete di avere dei puntini che danno prurito, o di zone della pelle irritate e calde, probabilmente ciò è dovuto a una reazione a queste sostanze.

Le procedure di omologazione prevedono controlli anche sulla qualità e la lavorazione dei materiali. Questo riduce drasticamente il rischio di imbattersi in allergeni o sostanze nocive.

  • Un consiglio

Nel limite del possibile tentate di acquistare materiale completamente omologato. Sono poche e quasi tutte straniere, ma esistono Marche che li producono. Si tratta di aziende spesso non molto famose, ma facilmente contattabili anche via internet. Presto ne pubblicheremo una lista. In caso di dubbi chiedete al rivenditore. Se la vostra intenzione è di procurarvi un indumento professionale e il commerciante dovesse manifestare dubbi o incertezze: diffidate.

In ogni caso il tessuto comunemente più resistente resta la pelle. Tutti gli altri hanno manifestato in più esperimenti la loro parziale inadeguatezza allo scopo di salvare la nostra, di pelle. Ricordate anche che meno cuciture ci sono è meglio è. Le giunture infatti sono in assoluto le parti più delicate.

  • È ora di finirla

Anzi, sarebbe ora di iniziare a informare tutti i motociclisti di questo “problema” per far in modo che la tendenza del mercato verta a rendere la faccenda più chiara e accessibile a tutti.

In quest’altro articolo spieghiamo come riconoscere un indumento omologato

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