L’aderenza della moto: elemento fondamentale di sicurezza

L’aderenza della moto: elemento fondamentale di sicurezza

L’aderenza è quel fenomeno che permette il trasferimento al suolo, attraverso lo pneumatico, di forze parallele alla superficie stradale Quando il veicolo è fermo su un piano orizzontale, esso trasferisce al suolo esclusivamente il proprio peso (e quello del pilota) che agisce perpendicolarmente al piano. Le forze che determinano un buona o pessima aderenza si sviluppano […]

12 Gennaio 2015 - 00:00

L’aderenza è quel fenomeno che permette il trasferimento al suolo, attraverso lo pneumatico, di forze parallele alla superficie stradale

Quando il veicolo è fermo su un piano orizzontale, esso trasferisce al suolo esclusivamente il proprio peso (e quello del pilota) che agisce perpendicolarmente al piano. Le forze che determinano un buona o pessima aderenza si sviluppano nel momento in cui un veicolo in movimento, accelera, frena o si ferma su un piano inclinato (salita o discesa). Se l’aderenza non ci fosse, il veicolo scivolerebbe, oppure in fase di marcia tenderebbe a mantenere costante la sua traiettoria e velocità… come su una lastra di ghiaccio. Ruolo importante, in questo fenomeno, lo gioca il coefficente di attrito della gomma eo del fondo stradale.

Scopriamo insieme di cosa si tratta

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  • Coefficiente di attrito

Quando parliamo di attrito, parliamo di due tipi fondamentali:

l’attrito statico, cioè la forza massima che è possibile applicare  a un corpo appoggiato su una superficie piana, prima che esso inizi a scivolare; in poche parole in questo caso l’attrito , mantiene fermo un corpo posto su una qualsivoglia superfice

l’attrito dinamico (o radente), cioè la forza necessaria a fare slittare tale corpo

Quando uno pneumatico rotola sull’asfalto, in assenza di slittamenti si parla di attrito statico. Il moto relativo della ruota rispetto alla strada è nullo. In pratica un attrito statico nella realtà non esiste se non a moto ferma, in quanto piccoli slittamenti del battistrada sono sempre presenti che porta a situazioni di “deriva della motocicletta”. La moto si sposta anche se in modo a volte impercettibile dalla traiettoria. L’aderenza dello pneumatico cresce progressivamente con l’aumentare di tale deriva, fino a un punto di massimo, che è quello su cui si calcola il coefficiente di attrito statico. Tradotto in termini pratici, se su uno pneumatico, poggiato su una superficie piana e su cui grava un carico di 100 kg, è possibile applicare una forza orizzontale di 100 kg prima che esso inizi a slittare, il coefficiente di attrito di quello pneumatico su quella superficie è pari a 100/100 = 1. Superato il punto di massima aderenza, lo pneumatico inizia bruscamente a slittare e ciò determina un’evidente riduzione dell’aderenza, perché l’attrito dinamico è sempre inferiore a quello statico.

Ciò ha due implicazioni fondamentali sulla guida:

– gli spazi di frenata a ruote bloccate peggiorano sensibilmente rispetto a quelli ottenibili mantenendo le ruote entro limite di attrito statico, a causa della diminuzione dell’aderenza dovuta al passaggio dall’attrito statico a quello radente;

– quando un veicolo sbanda in curva per superamento del limite di attrito statico, il recupero è reso molto difficile dal fatto che l’aderenza diminuisce, a causa del passaggio all’attrito dinamico.

  • Come viene “distribuita” l’aderenza?

Dire che uno pneumatico ha un coefficiente di aderenza pari a 1 significa che esso consente di sviluppare accelerazioni dell’ordine di 1 g, sia in senso longitudinale che trasversale. Ciò però non vuol dire che sia possibile fare contemporaneamente entrambe cose. In effetti, l’aderenza di uno pneumatico su una data superficie è una quantità fissa, e più se ne usa per eseguire una manovra, meno ne rimane per le altre. Per capire meglio questo concetto e le sue implicazioni, conviene immaginare l’aderenza di uno pneumatico come una torta, più o meno grande secondo il coefficiente di attrito, da cui le varie manovre possibili attingono ciascuna la propria fetta. Se una manovra si mangia tutta la torta, non è possibile fare altro. Se essa ne lascia una fetta, questa può essere usata per fare qualcos’altro, ma sempre rimanendo entro i limiti. Se invece si cerca di mangiare più torta di quella disponibile, la ruota slitta, si passa all’attrito radente, l’aderenza diminuisce e quasi invariabilmente si va a finire a terra, sia in curva che in frenata.

  • Fattori che influiscono sull’aderenza

 

Invecchiamento della mescola

La gomma con cui sono realizzati gli pneumatici tende a perdere aderenza:

– man mano che invecchia, per cui è buona norma evitare di montare gomme troppo stagionate (verificate i codici di fabbricazione), e di conservarle per troppi anni, anche se c’è ancora molto battistrada residuo;

– in seguito ai cicli di riscaldamento e raffreddamento cui le gomme sono sottoposte a ogni utilizzo, per cui aspettatevi un certo peggioramento dell’aderenza anche a chilometraggi limitati, nel caso che usiate la moto in città o comunque lungo tratte brevi e frequenti.
Temperatura di esercizio
L’elasticità degli pneumatici fa sì che essi si deformino continuamente in corrispondenza della superficie di contatto con il terreno, a causa del carico gravante su di essi. Tale deformazione produce calore, che aumenta con l’aumentare della velocità e delle forze trasmesse a terra. Una pressione di gonfiaggio troppo bassa aumenta notevolmente le deformazioni dello pneumatico. Ciò, oltre a pregiudicare notevolmente la stabilità della moto, produce un notevole incremento del calore prodotto e può portare a fenomeni molto pericolosi, quali il distacco del battistrada, il danneggiamento della struttura dello pneumatico o addirittura la sua esplosione, dovuta alla forte dilatazione dell’aria contenuta. Quindi bisogna SEMPRE verificare periodicamente la pressione degli pneumatici.

L’aderenza degli pneumatici varia in funzione della temperatura, e diventa elevata solo in corrispondenza della temperatura di esercizio, che di solito è tanto più alta, quanto più lo pneumatico è d’impostazione sportiva. Tenete presente che gli pneumatici per uso stradale impiegano mediamente circa 10 minuti per raggiungere la temperatura di esercizio; il che vuol dire che nei brevi spostamenti cittadini, spesso l’intero percorso è svolto in condizioni di aderenza non ottimali. Per tale ragione bisogna SEMPRE evitare le forti inclinazioni nei primi minuti di guida. Non a caso, questa è una delle ragioni per cui in tale circostanza aumentano le probabilità di essere coinvolti in collisioni. Con gli pneumatici sportivi va nettamente peggio, perché come detto sopra, la loro temperatura di esercizio è molto più alta, tanto da essere spesso irraggiungibile nella guida normale su strada; un’altra ottima ragione per confinare in pista l’uso di tali coperture. La situazione peggiora ovviamente con temperature ambientali piuttosto basse, che oltre ad aumentare il rischio di ghiaccio e brina, allungano notevolmente o rendono del tutto impossibile il raggiungimento della temperatura di esercizio degli pneumatici. Contrariamente a quello che molti pensano, il modo migliore per accelerare il riscaldamento consiste nel frenare e accelerare con decisione, facendo ovviamente attenzione ad evitare lo slittamento delle gomme.
L’aumento del peso aumenta l’inerzia che gli pneumatici devono contrastare ogni volta che si sterza, si accelera e si frena e ciò non ha effetti evidenti sulla tenuta di strada e sugli spazi di frenata, almeno entro certi limiti, perché l’aderenza offerta da uno pneumatico aumenta linearmente all’aumentare del peso gravante su di esso, ma tale fenomeno assume un’importanza fondamentale quando si frena o si accelera
Caratteristiche del fondo

La qualità del fondo stradale condiziona fortemente l’aderenza disponibile durante la guida. In particolare, ciò accade:

– a causa della sua conformazione fisica, perché un fondo granulare o pastoso (brecciolino, fango) presenta una superficie d’appoggio mobile, che provoca facili slittamenti;

– a causa della sua composizione, perché il coefficiente d’attrito con gli pneumatici varia notevolmente secondo i materiali (asfalto, cemento, ma anche vernice della segnaletica e acciaio dei giunti)

Presenza di sostanze sul fondo


La pioggia in sé e per sé non riduce l’aderenza in modo drammatico, ma una pioggia che cade dopo un lungo periodo asciutto forma, insieme allo sporco presente sull’asfalto, una patina insidiosissima, che riduce l’aderenza a livelli bassi. L’aderenza può ridursi notevolmente anche con l’aumentare della velocità del veicolo e dell’acqua presente sull’asfalto, perché in tal caso la quantità d’acqua che il battistrada deve rimuovere supera quella massima consentita dal battistrada. Il risultato è che da una certa velocità in poi, il battistrada “sale” sull’acqua e perde completamente il contatto con il terreno, rendendo il veicolo completamente ingovernabile.

Per  tale fenomeno, noto come aquaplaning (o Hydroplane), tutti gli pneumatici per uso stradale sono dotati di un battistrada scanalato, studiato per convogliare l’acqua ai lati del battistrada. La sua efficacia è fortemente influenzata dal numero, dalla larghezza, dalla direzione e dalla profondità delle scanalature; perciò è bene non circolare su strada con gomme da pista, dotate di poche scanalature (quando ci sono), o con pneumatici dal battistrada troppo usurato (per questo motivo la legge prevede uno spessore minimo di 1,6 mm).
Attenzione anche ad evitare di circolare con una pressione di gonfiaggio troppo bassa, perché ciò aumenta l’impronta a terra, diminuisce il carico specifico e, a parità di altre condizioni, abbassa la velocità d’innesco dell’aquaplaning. Il fenomeno dell’aquaplaning è efficacemente contrastato dall’adozione di asfalti drenanti, la cui porosità, permette all’acqua piovana di defluire sotto la superficie stradale, impedendo la formazione di pozzanghere. Testo di RIf. “L’arte della sicurezza in moto”

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