Quando si parla di naked non bisogna dimenticare che le nude sportive devono molto ad una piccola bicilindrica “made in Japan” che ha fatto dell’equilibrio la sua arma principaleVerso la fine degli anni 90’ il motociclismo stradale sembrava aver raggiunto il suo apice , gli appassionati erano rigidamente suddivisi tra mototuristi e smanettoni con i […]
Quando si parla di naked non bisogna dimenticare che le nude sportive devono molto ad una piccola bicilindrica “made in Japan” che ha fatto dell’equilibrio la sua arma principale
Verso la fine degli anni 90’ il motociclismo stradale sembrava aver raggiunto il suo apice , gli appassionati erano rigidamente suddivisi tra mototuristi e smanettoni con i secondi oramai stanchi di motori ululanti e posture impiccate. In quel di Hamamatsu si inventarono una ricetta semplice ma talmente efficace da garantire una diffusione epocale di quella nuova categoria “di mezzo” che oggi chiamiamo “NUDA”.
- Correva l’anno 1999
Gli appassionati di allora erano gente esperta e profondamente legata al mondo della pista . Integralisti della carena che snobbavano il nuovo fenomeno Monster ; la bicilindrica Bolognese era troppo elitaria, rumorosa e scorbutica, ma soprattutto non brillava per affidabilità specie se confrontata con le orientali. La “scarenata” di Galluzzi dal canto suo catturava gli sguardi, spingeva fuori dalle curve con veemenza ed era agilissima nel misto montano. In Suzuki si prese ispirazione da questo concetto ma si cercò di adattarlo ai puristi e al pubblico dei meno esperti o quanto meno a tutti coloro che desideravano imparare a guidare con piglio sportivo ma erano intimoriti dalle sportive e dal listino Ducati.
- Il Design : déjàvu
La prima versione nonostante la linea gradevole ( è la più amata dagli estimatori) denuncia una somiglianza fin troppo marcata con l’avversaria desmodromica. Le linee sono fortemente tondeggianti e vengono riprese sia dal faro che dal traliccio di forma tubolare ; quest’ultimo avvolge (si fa per dire) il twin a v di 90 gradi.
D’altro canto bisogna fare un plauso ai materiali e agli assemblaggi con i primi di qualità notevole per una entry level e i secondi di ottima fattura così da agevolare le operazioni di manutenzione ordinaria; le varie parti della moto sono di facile accesso, addirittura il serbatoio può essere sollevato e mantenuto in posizione da un’asta come quelle che troviamo nel vano motore delle macchine. A partire dal 2003 le linee si fanno tese (i materiali più plasticosi) e dunque meno classicheggianti, ma tra tutte le versioni proposte le “S” furono quelle più amate.
L’aggiunta della mezza carena e degli spezzati conferì alle SV un carattere sportivo e personale tanto che i proprietari furono invogliati a saggiarne le doti in pista scoprendo capacità nella guida al limite inimmaginabili per una moto così economica.
Se mai parteciperete ad un trofeo amatoriale o supertwin guardatevi le spalle perché una piccola 650 ben preparata potrebbe infilarvi alla prima curva.
- Motore : Don’t call me baby
Il bicilindrico da sempre parla il linguaggio della strada perché è emozionale, pronto e flessibile in termini di posizionamento nel telaio così da vincolare il meno possibile nella realizzazione del progetto. Accanto a queste peculiarità ve ne sono altre decisamente meno gradevoli specie se parliamo di cilindrate unitarie e di motori ad L come quelli largamente diffusi in quel periodo. Erogazioni scorbutiche e vibrazioni a tutti i regimi richiedevano fisico e capacità alla guida, qualcosa di ben lontano dal concetto di prima moto.
Gli ingegneri decisero di prendere molte componenti dell’ottimo propulsore della TL1000S e le trasferirono nel nuovo 650 ; non una copia in piccolo ma una unità del tutto innovativa che era in grado di mantenere una certa grinta e potenza senza togliere nulla in termini di trattabilità e comfort di marcia. Una erogazione dunque omogenea, elettrica e spalmata su una curva di coppia piatta ma non per questo incapace di dare un allungo notevolissimo oltre quota 9000 giri/min.
Si accontentava il neofita che doveva uscire dalle curve in marcia lunga a regimi infimi senza strattoni mentre l’esperto si godeva una spinta ai medi priva di incertezze.
La configurazione a “V” non era più uno spauracchio e i 90 gradi di inclinazione permettevano di rinunciare al contralbero di equilibratura ; tutte le componenti erano studiate per dare il minimo ingombro e la migliore centralizzazione delle masse; basta dare uno sguardo al giro del collettore di scarico o al copricarter in materiale plastico per capire che niente era lasciato al caso o gestito in economia.
Un motore realmente privo di concorrenza e nonostante i lievi affinamenti è piaciuto in tutte le sue versioni come testimoniato dai grandi preparatori e dalle aziende che lo hanno scelto come base per le loro produzioni artigianali e non.
- Telaio e ciclistica : lupo travestito da agnello
La maggiore soddisfazione dei proprietari di questa moto consisteva nel far vedere i sorci verdi nel misto a diverse moto ben più costose e blasonate.
Quando il mal capitato si accorgeva di essere stato sverniciato da una SV l’effetto era ancora più gratificante; il bello di questa due ruote consiste proprio nella sua efficacia celata da un aspetto cheap e rassicurante. Ad ogni modo l’occhio più esperto noterà che il comparto telaio-forcellone è interamente in alluminio garantendo rigidità e leggerezza da primato (dal 2003 in poi la pressofusione garantisce uno sgravio di 3 kg) così come in alluminio sono addirittura i supporti pedane e i comandi a pedale.
Non si può non notare l’interasse estremamente corto, la sella bassa e accogliente e i pneumatici dalle dimensioni agili che garantivano una maneggevolezza ottima.
Una due ruote facile e nel contempo rigorosa in velocità ma allora dove si risparmiava?
Ovviamente sulla componentistica del tutto inadatta a sviluppare appieno il suo potenziale. La forcella si presentava sfrenata e inadatta a staccate che non fossero quelle di un principiante così come i freni che certo non bloccavano ma nemmeno aiutavano quando veniva voglia di brio.
Tutto ciò ha fatto la gioia dei produttori aftermarket che propongono un quantitativo impressionante di soluzioni a buon mercato per rendere questa giapponese una grande cavalcatura; un giro su internet e rimarrete sorpresi.
- Cosa controllare
Un mezzo affidabile come la SV650 non necessita di particolari accortezze nello scovare eventuali magagne, bastano i semplici controlli di rito. Vediamo quali:
Un buon primo test è quello relativo al cambio perché quando parliamo di Suzuki la la leva deve essere un burro e gli innesti morbidi e precisi.
Quotazioni e modelli
Prima versione 1999 : da euro 1000 a 1500 S (consigliata) da euro 1000 a 1400
Seconda versione 2003: da euro 1600 a 2800 S ( consigliata ) da euro 1500 a 2800
La prima versione è a carburatori mentre la seconda adotta un moderno sistema di iniezione SDTV con cilindri alleggeriti.
(di Marcello Pieri)