In moto in città si muore come stupidi

In moto in città si muore come stupidi

Durante la presentazione del libriccino “La famiglia in moto” sul trasporto dei bambini in motocicletta (di cui vi abbiamo parlato qui) sono emersi anche alcuni dati interessanti sul lavoro delle Forze dell’Ordine e della Polizia locale. La loro missione è sia quella di prevenire gli incidenti sia quella di prestare soccorso nel momento in cui […]

7 Ottobre 2010 - 00:00

Durante la presentazione del libriccino “La famiglia in moto” sul trasporto dei bambini in motocicletta (di cui vi abbiamo parlato qui
) sono emersi anche alcuni dati interessanti sul lavoro delle Forze dell’Ordine e della Polizia locale. La loro missione è sia quella di prevenire gli incidenti sia quella di prestare soccorso nel momento in cui questi, purtroppo, si verificano.

Tra i relatori, erano presenti Elisabetta Mancini (Vice Questore Aggiunto della Polizia di Stato e responsabile delle campagne di sicurezza stradale), Antonio Barbato (direttore della Scuola di Formazione della Polizia locale di Milano), Filippo Aragona (Guardia di Finanza, insignito di un importante riconoscimento per atti di coraggio nel soccorso in gravi incidenti stradali a rischio della propria vita) e l’avvocato Domenico Musicco (Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada).more

    Statistiche e aspetto legale

L’avvocato Musicco è intervenuto sul tema degli incidenti, ricordando che questi sono la prima causa di morte nei giovani fino ai 30 anni, e che sul totale degli incidenti mortali che avvengono in un anno, oltre il 40% vede coinvolto un motociclista. Musicco ritiene che sia necessario agire su due fronti, innanzitutto dal punto di vista legislativo, dove occorre fare di più. Il secondo è quello dei controlli per alcol e droga: a fronte di 10 milioni di controlli annui negli altri paesi europei – che hanno visto scendere il numero di vittime in maniera significativa –, l’Italia effettua solo 1 milione di controlli all’anno.* Musicco sottolinea che “il genitore è altamente responsabile nei confronti del figlio”, che a lui si affida totalmente; anche se ormai le assicurazioni tendono a risarcire quasi sempre, certo non risolvono tutti i mali, specie se un figlio muore o rimane paralizzato o menomato.

Prendendo spunto del libriccino e da questi dati, ci siamo posti delle domande: “È possibile evitare gli incidenti? E come?” Partendo dal diritto del bambino a viaggiare sicuro, si è arrivati a considerazioni di carattere generale che valgono per tutti.

Certamente, è possibile evitare che la maggior parte degli incidenti stradali si verifichi, visto che spesso sono determinati da violazioni del Codice della Strada, come i sorpassi dove non è consentito, la guida sotto l’effetto di droghe o alcool, il banale non rispetto dei limiti di velocità o della segnaletica, o la semplice disattenzione. Per questo le Forze dell’Ordine sono coinvolte in prima linea nelle campagne per la Sicurezza Stradale e nei corsi di Educazione Stradale rivolti ai bambini e ai ragazzi che frequentano le scuole italiane.

    Trasformare i figli in genitori

La Polizia Stradale negli ultimi anni ha rivolto particolare attenzione ai bambini e agli adolescenti, verificando che, se la comunicazione avviene con un linguaggio adeguato alla loro età, diventano più coscienziosi degli adulti. L’effetto è certamente da imputarsi alla fase dell’apprendimento e alla curiosità.

I
bambini, insomma, se “presi in tempo” tendono ad attuare comportamenti corretti fin da subito. Questo genera consapevolezza per il futuro e – attraverso il loro esempio e  le loro amorevoli lamentele verso i genitori indisciplinati – anche gli adulti “irrecuperabili” tendono a cambiare atteggiamento. (In fondo, sappiamo tutti benissimo quanto i bambini possano essere “rompini”: molti di voi avranno smesso di fumare perché il figlio o la figlia vi ha amorevolmente rotto le scatole a non finire dopo aver imparato che fumare fa male… perché vi vogliono bene!).

Il genitore diventa figlio e il figlio diventa genitore quindi. Appare assurdo tanto quanto realisticamente funzionale. Durante la conferenza stampa di cui sopra, Elisabetta Mancini evidenzia il fatto che siano state create campagne ad hoc, che veicolano i concetti basilari della Sicurezza Stradale attraverso rappresentazioni teatrali ed eventi musicali, utilizzando proprio un linguaggio adatto ai bambini e agli adolescenti. Perciò, le campagne shock – che negli adolescenti corrono il rischio di essere interpretate alla luce del delirio di onnipotenza (“a me non succede… tanto capita solo agli altri”) – sono dirette principalmente agli adulti, in grado di comprendere un messaggio molto forte… almeno in teoria.

Anche la Polizia locale di Milano da 40 anni è impegnata nell’insegnamento della Sicurezza Stradale nelle scuole: Antonio Barbato ne illustra l’attività, che consiste anche nell’insegnamento di concetti “meno evoluti” di quelli destinati ai motociclisti, ma che sono alla base della sicurezza sulla strada. Si parla non solo di automobili (seggiolino, cinture, uso del telefonino, etc), e di cicli e motocicli (caschi, come tenersi, cosa non fare…), ma anche di come ci si muove a piedi. A tal proposito è importantissima l’iniziativa “pedibus”, cioè il tragitto casa-scuola-casa secondo un itinerario e “fermate” predefiniti.

Gli agenti che si dedicano a queste attività hanno una formazione multidisciplinare per poter meglio rispondere alle mille domande – acutissime – dei bambini. Barbato è soddisfatto dell’impegno degli agenti, e ritiene, giustamente, che anche solo una vita salvata grazie alla formazione in aula sia già raggiungere l’obiettivo di ridurre il numero di morti e feriti sulle strade. Tuttavia, è amareggiato dal numero di incidenti che, nonostante sia in diminuzione, rimane comunque troppo alto in relazione alle risorse messe in campo e all’impegno degli operatori coinvolti.

Un fattore importantissimo evidenziato da Antonio Barbato e che facciamo immediatamente nostro è il ritardo sistematico con cui vengono pubblicati i report annuali sugli incidenti stradali.

Questo imperdonabile “gap” genera un ritardo nella risposta delle istituzioni, ma anche dei semplici genitori coscienziosi.

Non ci si spiega, per esempio, come le statistiche del 2008 siano state pubblicate a settembre 2010, troppo tardi per mettere in atto strategie e misure specifiche.

    Morire come stupidi in città


Non sono solo le infrazioni al Codice della Strada a provocare incidenti: la causa più frequente, in particolare in città, è la distrazione. “Si muore come stupidi in città”: il finanziere Filippo Aragona con queste parole pesantissime riassume l’esperienza dei soccorritori e delle Forze dell’Ordine, chiamate anche a ricostruire le dinamiche degli incidenti. Bisognerebbe prestare più attenzione, essere meno distratti mentre si è alla guida: a volte basterebbe “guardarsi un po’ più intorno e cercare di garantire un po’ più di sicurezza” per far diminuire il numero di incidenti. Cambiare la stazione della radio, voltarsi a vedere una gnocca mentre si è in marcia, litigare con un passeggero, mangiare o fumare alla guida possono avere conseguenze serissime e gravissime. Spesso, la curiosità morbosa di chi si ferma a vedere un incidente provoca una serie di altri incidenti – come tamponamenti o pedoni investiti – che potrebbero tranquillamente essere evitati e che intralciano notevolmente il lavoro dei soccorritori.

Aragona preme sul fatto che non bisogna per forza essere medici o avere esperienze particolari per prestare soccorso: “il soccorso lo può fare chiunque, anche con il cellulare” chiamando uno dei numeri di pronto intervento (anche la Guardia di Finanza, che risponde al 117), dal momento che 1 minuto può fare la differenza tra la vita e la morte. Non farlo (per menefreghismo, per paura, per individualismo, etc) significa commettere un reato grave, punito con diversi anni di carcere: l’omissione di soccorso. Barbato interviene per sottolineare che “l’omissione di soccorso è il reato più stupido che ci sia” e che ha conseguenze, oltre che penali, psicologiche su chi lo commette, tormentato dai sensi di colpa a vita, quando bastava premere 3 stupidi tasti sul cellulare.

NOTE:

Per quanto sia assolutamente necessario inculcare nei bambini i fondamenti della Sicurezza Stradale, questo approccio (partire dal bambino per arrivare all’adulto) suona quasi come una sconfitta. L’adulto, disattento o in preda a delirio di onnipotenza (o che entra nel “pensiero magico”, tipico dell’infanzia) o che vuole essere libero di andare a schiantarsi in moto senza protezioni e con le infradito, non è facilmente raggiungibile né tantomeno influenzabile dalle varie campagne pro Sicurezza Stradale, e ci si augura che siano i figli – diretti interessati – a premere sulla necessità di viaggiare sicuri e a costringerli ad adottare comportamenti corretti.

Sembra quasi un atto disperato, un ultimo tentativo persuasivo (visto che nemmeno sanzioni e fermi amministrativi dei mezzi sembrano essere sufficienti) prima di gettare la spugna definitivamente [NOTA: basti pensare, per esempio, al polverone suscitato dalla proposta di inserire nel CdS l’obbligo di indossare capi protettivi
e scarpe chiuse: nel forum del senatore De Filippi (promotore della proposta) le frasi più ricorrenti erano “questo è uno stato troppo autoritario!” “voglio essere libero di andare in giro come mi pare!”].

Il fatto è che molti adulti non pensano alle (spesso gravissime) conseguenze di incidenti che hanno ripercussione non solo su loro stessi, ma anche sulle persone a loro vicine, soprattutto i loro figli.

* Nei giorni successivi a questa conferenza stampa, si è percepito un aumento considerevole dei controlli sulle strade, effetto delle misure introdotte prima del periodo estivo dal Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteoli.

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