L’inverno 2009-2010 rimarrà nella storia come uno dei più frustranti per i motociclisti, soprattutto quelli italiani. Dopo oltre quattro mesi di neve e gelicidio e un avvio molto incerto della primavera, qualsiasi biker (anche i professionisti) si sentono avviliti dalle ovvie difficoltà all’uso della moto e sono preda di una crisi d’astinenza. In queste circostanze, […]
L’inverno 2009-2010 rimarrà nella storia come uno dei più frustranti per i motociclisti, soprattutto quelli italiani. Dopo oltre quattro mesi di neve e gelicidio e un avvio molto incerto della primavera, qualsiasi biker (anche i professionisti) si sentono avviliti dalle ovvie difficoltà all’uso della moto e sono preda di una crisi d’astinenza.
In queste circostanze, ogni singola ora di sole diventa un’ambita opportunità di tornare con il sedere in sella e gli stivali sulle pedaline, ma dobbiamo fare attenzione a non cadere nella “foga del pivello”.
- La “foga del pivello”
Si tratta di quella sorta di euforia infantile che spinge il motociclista alle prime armi a compiere manovre che non è in grado di fare. Le azioni di cui parlo non sono acrobazie, proprio no. Potrebbe semplicemente trattarsi anche del percorrere una lunga strada piena di curve o viaggiare in città in mezzo al traffico.
Appare banale da ribadire, ma la motocicletta è più difficile e pericolosa da guidare rispetto alle automobili. Per poterla portare in sicurezza dobbiamo essere piloti, più che autisti. L’abilità nell’uso della nostra amata 2 ruote è strettamente legata alla quantità di tempo che ci passiamo sopra. Meno tempo la usiamo e più diventiamo “incapaci” nel pilotarla.
- La fine dell’inverno
La moto è come un cavallo: ci deve essere feeling con chi sta in sella, altrimenti si rischia il disarcionamento. Quando resta ferma per un po’, bastano anche solo 10 giorni, al ritorno in sella è tutto più difficile. Normalmente non ci si rende conto di ciò fino a quando non si allunga una curva o si sbaglia una frenata. Errori da pivello che sono del tutto normali persino per i piloti di MotoGP. Più tempo è trascorso dall’ultima cavalcata e più sarà difficile tenere le giuste distanze dalle auto che ci precedono, inserirsi in curva nelle vie trafficate, accorgersi dei possibili ostacoli.
Il sintomo che dovrebbe preoccuparci di più non è tanto lo stile di guida goffo e maldestro, quello migliora man mano. La vera preoccupazione deve essere il fatto che, anche a causa delle incertezze, si perde il senso della sicurezza: componente fondamentale per poter utilizzare la moto che, diversamente dalle auto, non tollera più di tanto gli autisti della domenica.
- Buche, crateri e sabbia
L’inverno italico è come una piccola guerra: lascia sul campo buche, crateri e strati di sabbia. La principale differenza con il conflitto a fuoco sta nel fatto che “i caduti” arrivano dopo e, mannaggia, di solito sono motociclisti.
No, lasciamo stare l’elmetto e il giubbino antiproiettile
, non serve a niente in questi casi. Nella (vana) attesa che riparino e ripuliscano le strade, per proteggersi dai rimasugli dell’inverno dobbiamo aumentare le distanze di sicurezza
dalle auto che ci precedono in modo da poter vedere in anticipo le buche profonde al fine di evitarle o quantomeno prepararci all’impatto. Una buca a sorpresa in curva può far imbizzarrire il nostro cavallo meccanico. Quando è molto profonda, anche in un tratto di strada dritto, potremmo accusare seri colpi alla schiena, ai gioielli di famiglia o alla moto stessa.
Non fidiamoci mai di una buca piena d’acqua: apparentemente sono tutte uguali, ma alcune di esse nascondono metri di profondità con tanto di mostri marini.
La sabbia può essere ancora più malefica: è dello stesso colore dell’asfalto, è irregolare, svolazza col vento e ci impedisce di frenare! Riserviamole ancor più importanza e attenzione. Frenare su questo sottile strato maledetto può essere molto difficile o addirittura impossibile. Le ruote infatti si bloccano subito a causa del bassissimo attrito e la moto se ne va per la sua strada con un temporaneo sgradito libero arbitrio.
- I rischi della città
In città il rischio principale consiste nel non rendersi conto della velocità. Abituati a guidare l’auto, potremmo commettere l’errore di accelerare troppo. In motocicletta possono bastare anche solo due marce per sfiorare i 90 Km/h. Evitare un bambino o un anziano che attraversano improvvisamente in “modalità suicidio” può essere impossibile già a velocità di molto inferiori.
La distanza stessa tra la moto e le auto va aumentata perché il nostro cervello deve riabituarsi ai nuovi spazi di manovra. Evitiamo di zigzagare tra le auto: è vietato e pericoloso. Ogni singola manovra deve essere approvata dal vostro cervello prima di passare il comando al polso. Evitiamo rischi inutili che sarebbero aggravati dalla temporanea inesperienza alla guida.
- I rischi delle strade extraurbane
Fuori città le insidie principali sono gli animali, gli automobilisti e la velocità. Compiere sorpassi
non è un’operazione facile come sembra. Bisogna riprenderci la mano un po’ alla volta. La velocità di crociera deve restare sotto il nostro standard fino a quando non ci sentiremo più che sicuri e, soprattutto, fino a quando gli automobilisti non si renderanno conto che esistono anche le moto (in questo caso possiamo aspettare in eterno).
I guidatori di auto, infatti, normalmente non si accorgono
dei motociclisti e li travolgono inavvertitamente (appunto). Durante l’inverno, infatti, questa specie animale “autocinetu humanus movens” (gli automobilisti) si disabitua alla presenza dell’esemplare “birota aiìutomotoria humanus movens“, comunemente denominato “motociclista”, eliminandolo drasticamente dalla memoria visiva e cognitiva, come se non fosse mai esistito.
Il rischio concreto sta nell’alta probabilità che un’automobile ci tagli la strada, sorpassi
mentre lo facciamo noi, apra le portiere mentre passiamo, scarichi i pargoli in strada senza curarsi del “traffico agile”. I più idioti arrivano anche a buttarci le cartacce in faccia, sputare dal finestrino, tirare le cicche di sigarette, etc.
- Parafrasando Antonio Ornano
Spesso mi chiedo cosa succederebbe se prendessimo un esemplare di automobilista e gli togliessimo l’aria condizionata, il portaoggetti, i comodi sedili in pelle umana e lo mollassimo in sella a una moto, nel traffico cittadino con MilleMila auto che involontariamente tentano di sdraiarlo, per un paio d’ore. Sai che succederebbe?