Moto anticrisi: Aprilia RSV 1000 (1998/2006)

Moto anticrisi: Aprilia RSV 1000 (1998/2006)

Continua la nostra serie di suggerimenti rivolti a coloro che non vogliono rinunciare all’acquisto di una moto pur disponendo di budget limitati. Oggi è la volta della RSV1000 Aprilia.La piccola casa di Noale in anticipo di due anni rispetto alla soglia del nuovo millennio sfodera l’arma definitiva per il motociclista stradale.more Correva l’anno 1998 Era […]

10 Ottobre 2014 - 00:00

Continua la nostra serie di suggerimenti rivolti a coloro che non vogliono rinunciare all’acquisto di una moto pur disponendo di budget limitati. Oggi è la volta della RSV1000 Aprilia.
La piccola casa di Noale in anticipo di due anni rispetto alla soglia del nuovo millennio sfodera l’arma definitiva per il motociclista stradale.more

  • Correva l’anno 1998


Era ormai da diversi anni che un gruppo di professionisti noto come “aprilia racing team” sfornava piccole moto da competizione in grado di riscrivere le regole della prestazione.

Nel 1998 il mondiale 250 2t sembrava un mono marca grazie ad un team Aprilia composto da Harada, Capirossi, Rossi e Lucchi. Tutti e quattro fecero terra bruciata nell’allora classe 250, portando il marchio veneto al punto più alto della sua lunga serie di annate vincenti, monopolizzando vittorie e podi ad ogni weekend di gara.

Ormai i tempi erano maturi visto che si affacciavano le 4t nella folta griglia del campionato SBK e le Ducati spopolavano grazie alla formula del bicilindrico a V. Anche i produttori giapponesi presero ispirazione dalla “ rossa di Borgo Panigale”, ma dagli stabilimenti di Scorzè uscì una motocicletta decisamente anticonvenzionale.

Questa nuova “mille” era in grado di coniugare soluzioni mai viste prima con una fruibilità nell’utilizzo stradale che fino a quel momento non era mai stata appannaggio delle costose ed esclusive moto italiane.

  • Telaio e ciclistica: SBK per tutti!

La RSV 1000 entrò dritta nel cuore degli appassionati grazie alla sua enorme polivalenza, tanto che molti acquirenti inglesi e del nord Europa la utilizzavano anche per viaggiare.

La RSV soddisfava le esigenze degli “stradisti” anni ’90, clienti maturi ed esperti che amavano le moto sportive e che non rinunciavano a godere della bella guida sui loro passi preferiti. Come fu possibile coniugare il carattere e le prestazioni di una raffinata bicilindrica all’italiana, con la comodità di una sport-touring?

La prima caratteristica che balzò all’occhio fu l’abbondante (e spesso discussa) forma della carenatura che avvolgeva interamente il pilota. Questo garantì il miglior coefficiente di penetrazione aerodinamica a confronto con le avversarie dell’epoca (Yamaha R1, Ducati 916).

Come se questo non bastasse i tecnici studiarono un reparto sospensioni che con poche regolazioni permettevano di filtrare al meglio le imperfezioni del manto stradale. La triangolazione non esasperata, il telaio a doppia trave in alluminio e il forcellone scultoreo chiudevano il quadro di un oggetto di culto.

  • IL MOTORE: una V innovativa

Per raggiungere il perfetto equilibrio dimostrato anche il motore fece la sua parte.Il responsabile motori Helmut Schon
sfruttò un investimento di 15 miliardi di lire per creare un compattissimo  V2 con un angolo tra i cilindri di 60°. Questa configurazione è intrinsecamente scorbutica e privilegia i regimi medio alti, ma Schon e il suo team idearono una serie di soluzioni che resero il “mille” civilizzato.

Anzitutto vennero previsti due contralberi anti vibrazioni di cui uno alloggiato nella testa posteriore, dimostrando grande capacità di gestione degli spazi. Venne poi prevista la doppia accensione e una centralina in grado di lavorare su molti parametri.

La vera chicca è stata però la PPC (Pneumatic Power Clutch): un servo meccanismo che riduce lo sforzo da applicare sulla leva della frizione e che sfrutta la depressione dei condotti di aspirazione. In questo modo i dischi frizione slittano simulando il lavoro di un anti saltellamento. Chi ama fare il meccanico infine noterà i coperchi valvole inclinati per facilitare l’accesso alle parti vitali del motore.

  • QUALE SCELGO? PRIMA SERIE O ULTIMA EVOLUZIONE

Base o esclusiva: questione di gusti e…. di portafoglio

RSV “mille” (1998-2002):


La più economica e la più stradale, permette di divertirsi in pista passando dal muraglione, grazie ad un avantreno solido ma facile da interpretare. Rimangono vivi nei ricordi il caratteristico fanale a tre luci e la trazione fuori dal comune.

 

 

 

  • PESO A VUOTO: 189 Kg
  • POTENZA: 128 CV a 9250 giri/min
  • VELOCITA’ MASSIMA: oltre 270 Km/h
  • COPPIA MASSIMA: 10.5 kgm a 7000 giri
  • QUOTAZIONE MINIMA: 2.224 euro

RSV “mille” replica Haga (2002):

la rappresentante più degna della lunga serie di versioni speciali che hanno caratterizzato questo modello. La componentistica al top e il kit motore la avvicinavano alla versione da corsa.

QUOTAZIONE MINIMA: 1.840 euro

RSV 1000 (2003-2006):


Pur mantenendo le caratteristiche che l’hanno resa famosa, la nuova RSV sacrifica la comodità sull’altare della prestazione, sterzando decisamente verso il mondo delle corse.

Telaio e forcellone sono più leggeri, così come il nuovo motore V60 magnesium; è una moto potente e reattiva che da gusto in mani esperte; le componenti come sempre sono al top.

 

 

  • PESO A VUOTO: 185 kg
  • POTENZA: 138,7 cv a 9.500 giri
  • VELOCITA’ MASSIMA: oltre 280 km
  • COPPIA MASSIMA: 10,9 kgm a 7.500 giri
  • QUOTAZIONE MINIMA: 1.744 euro

COSA CONTROLLARE:

  • Ruota libera: spesso danneggiata a causa di ripetuti avviamenti difficoltosi;
  • Forcellone: erano difettosi tra il 2004 e il 2005;
  • Freno posteriore: la valvola di spurgo non è ben posizionata, e questo rende l’azione del freno poco efficace; i meccanici esperti conoscono questo problema;
  • Spurgo freni e cambio olio: sono operazioni laboriose. Informatevi dai proprietari esperti;
  • Telaio: pedane e pedali lo possono danneggiare anche a fronte di cadute banali.

 (di Marcello Pieri)

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