Proposta per la “Dotazione di sicurezza per i motociclisti”

Proposta per la “Dotazione di sicurezza per i motociclisti”

Questo intervento segue il discorso iniziato nell’articolo dedicato alle possibili modifiche di Legge che imporrebbero ai motociclisti l’uso di abbigliamento protettivo. Una premessa importante: Non affronterò l’argomento solo dal punto di vista della protezione personale e della sicurezza passiva… per fare un favore a Governi che non adeguano la sicurezza delle strade. Prendo in considerazione […]

23 Aprile 2010 - 00:00

Questo intervento segue il discorso iniziato nell’articolo
dedicato alle possibili modifiche di Legge che imporrebbero ai motociclisti l’uso di abbigliamento protettivo.

Una premessa importante: Non affronterò l’argomento solo dal punto di vista della protezione personale e della sicurezza passiva… per fare un favore a Governi che non adeguano la sicurezza delle strade. Prendo in considerazione unicamente questo aspetto, poiché è quello in discussione.

La mancanza di attenzione dello Stato per tutto ciò che riguarda la Sicurezza Attiva, la Prevenzione e la manutenzione stradale non sono in discussione. Sappiamo tutti quanto sia disastrosa la situazione nel nostro Paese, tuttavia trovo inutile, se non addirittura Stupido, scrivere o pensare concetti come: “fino a che non aggiustano le strade, non mi proteggo”.

A un primo impatto la proposta di modificare il Codice della Strada, per fare in modo che aumenti l’uso dei dispositivi di protezione, mi è apparsa quasi come dovuta, a prescindere dalle motivazioni originali di chi l’ha voluta e proposta. Il motivo è da ricondursi all’immensa ignoranza che popola le (in)coscienze dei motociclisti moderni.

A differenza del passato, infatti, oggi ci sarebbero gli strumenti individuali per evitare che una caduta in moto si trasformi in una tragedia personale e familiare. Esistono nuove tecnologie e sistemi in grado di proteggere il motociclista. Basti pensare al momento in cui dovesse sventuratamente concretizzarsi uno dei fatti che ci pongono quasi alla fine della catena alimentare della strada, per rendersi conto che agire sul fattore “passivo” del sinistro è quasi indispensabile; persino in un ipotetico mondo ideale in cui mancherebbero ostacoli fissi e altri mezzi a causare incidenti.

La Legge così proposta
, però, appare “soffocante” ed è stata definita perlopiù “liberticida” dalla maggior parte degli utenti delle due ruote che sono intervenuti nella discussione (sia qui, sia altrove). Effettivamente, nella norma così concepita, ho individuato tantissime incongruenze e forzature ingiustificate.more

  • Omologazioni


Innanzitutto, non si tiene conto delle omologazioni. Rendere obbligatorio l’uso di abbigliamento protettivo senza considerare la differenza tra una cineseria griffata (di design italianissimo) e invece un capo realmente riconosciuto come protettore: è un errore gravissimo. Soprattutto in considerazione del fatto che le omologazioni sono “cose di Legge”. Che razza di Legge non tiene conto delle Leggi? Oltretutto l’argomento Omologazione per l’abbigliamento presenta tantissime insidie che abbiamo cercato di chiarire in questo articolo
.

  • Calzature

Una modifica essenziale e assolutamente indispensabile per la coerenza è il considerare le calzature. Nell’emendamento che abbiamo preso in considerazione non vi si fa riferimento alcuno! Pensiamo per esempio a quanto possa essere utile avere le caviglie relativamente in ordine se capita di scivolare in autostrada e ci si ritrova fermi in mezzo carreggiata (bisogna scappare!)

  • Diversificazione basata sulla potenza


Un altro punto che non condivido è la differenziazione dell’obbligo in base alla potenza della moto. In città i veicoli viaggiano approssimativamente tutti alla stessa velocità, a prescindere dalla potenza. Viceversa, in autostrada una moto non molto potente può comunque raggiungere velocità elevate. Vero è che nel territorio urbano gli incidenti sono molto più frequenti, ma è vero anche che obbligare l’uso della tuta integrale in territorio urbano sarebbe la fine delle moto in città.

Non è pensabile costringere tutti i motociclisti a comprarsi uno scooter per poter fare le commissioni attorno a casa propria. (Per non parlare di chi la moto la usa solo per andare al bar…)

  • Meglio differenziare per tipo di strada,


Se vogliamo introdurre una differenza sensata, che si faccia per tipologia di strada. Sarebbe anche più facile per le Forze dell’Ordine gestire la situazione: la dotazione da ispezionare sarebbe direttamente connessa al punto in cui vengono effettuati i controlli.

Per esempio, il motociclista sottoposto a verifica dovrebbe indossare (esempi realistici):

  1. Strade urbane [1]: casco, paraschiena (anche integrato), scarpe chiuse.
  2. Su strade extraurbane secondarie [2]: casco, guanti, paraschiena (anche integrato), calzature specifiche**, giacca con protezioni alle articolazioni**.
  3. Extraurbane principali, tangenziali, raccordi autostradali, autostrade [3]: casco integrale, guanti, calzature specifiche**, giacca con protezioni alle articolazioni**, pantaloni specifici con protezioni**o in alternativa una tuta protettiva.

Se pensi che la lista sia eccessiva o incompleta, commenta l’articolo formulando la tua personale proposta.

**molto meglio se vi fosse una regolamentazione più chiara delle omologazioni e si potesse acquistare facilmente lo stesso indumento, ma interamente omologato, anziché solo “dotato di protezioni omologate”.

  • Entrata in vigore graduale


È altresì quantomeno auspicabile che una modifica legislativa di questo genere entri in vigore in maniera graduale. Si potrebbe pensare ragionevolmente di “spalmare” l’attuazione in 3 anni con un rafforzamento ogni anno. Bisogna tener conto anche della mole di un cambiamento in tal senso. Se proprio si deve fare, bisogna che le persone abbiano il tempo di fare mente locale sull’argomento.

Uno dei motivi per cui questo tipo di leggi è letteralmente rifiutato dal popolo si fonda sulla poca cultura della sicurezza stradale. Pare seriamente (io ne sono certo) che gli italiani si credano tutti immortali, fino a quando non si uccidono. Non ci si rende conto che le protezioni sono parte integrante della motocicletta. E non si tratta di un “favore” che facciamo ai politici o alle Forze dell’Ordine, no: si tratta di un beneficio individuale, personale. Chi si protegge lo fa innanzitutto per se stesso.

  • Casco integrale e obblighi

Personalmente non ho mai compreso l’esistenza dei caschi jet. Si, sono comodi. Si, sono più leggeri. Si, se si va a sbattere di faccia a 25 Km/h contro un’auto che ci taglia la strada, nella migliore delle ipotesi si perdono tutti i denti e ci si sfigura per sempre; nell’ipotesi più realistica ci si uccide a causa del trauma cranico (in setto nasale invade il cranio causando lesioni mortali).

A mio parere il casco integrale potrebbe essere reso obbligatorio anche in città per i soggetti di età inferiore a 18 anni. Questa misura, oltre a evitare di arricchire ingiustificatamente i dentisti, avrebbe la chiara finalità di

  1. evitare di calzare il casco in modo errato (l’integrale non si può mettere sopra o sotto il cappello o indossare a metà)
  2. dare l’imprinting corretto per il futuro; abituare i ragazzi a “sopportare” questa tipologia di caschi. Difficilmente cambieranno abitudine.
  3. maggiore protezione a chi è maggiormente incosciente

Il meccanismo è lo stesso delle cinture di sicurezza: chi ha recentemente conseguito la patente di guida per l’automobile non si sente “oppresso” dall’uso delle cinture. È un fattore di abitudine e buonsenso, regolamentato da una legge odiata da tutti, ma che oggi non da più di tanto fastidio ai nuovi guidatori.

  • Non solo passiva

L’impegno per la Sicurezza, per essere definito tale, non deve focalizzarsi solo sull’aspetto passivo del tema. Se mai dovesse essere introdotta una norma di questo tipo, i soldi delle sanzioni dovrebbero essere investiti per la formazione dei cittadini, per migliorare le condizioni delle strade, per cambiare i guardrail, etc.

—-

Note:

[1] Per “strade urbane” s’intendono tutti quei percorsi che il CdS cataloga come Strada urbana di quartiere (cat. E) e Strade locali (cat. F). (clicca qui per i dettagli sul Codice della Strada)

[2] Per “strade extraurbane secondarie” s’intendono tutti quei percorsi che il CdS cataloga come Strada extraurbana secondaria (cat. C) (strada ad unica carreggiata con almeno una corsia per senso di marcia e banchine) (clicca qui per i dettagli sul Codice della Strada)

[3] Per “Extraurbane principali, tangenziali, raccordi autostradali, autostrade” s’intendono tutte le strade che il CdS cataloga come di categoria: A, B, C. In sintesi: “strada extraurbana o urbana a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico invalicabile, ciascuna con almeno due corsie di marcia, eventuale banchina pavimentata a sinistra e corsia di emergenza o banchina pavimentata a destra, priva di intersezioni a raso e di accessi privati, dotata di recinzione e di sistemi di assistenza all’utente lungo l’intero tracciato, riservata alla circolazione di talune categorie di veicoli a motore e contraddistinta da appositi segnali di inizio e fine. Deve essere attrezzata con apposite aree di servizio ed aree di parcheggio, entrambe con accessi dotati di corsie di decelerazione e di accelerazione.” (clicca qui per i dettagli sul Codice della Strada)

Il lato oscuro di questo intervento verrà pubblicato a breve qui

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